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Semplicemente, Nascar. Difficile trovare parole adatte a tutto ciò che ho vissuto ieri, sul circuito di Infineon a Sonoma, a un'oretta di macchina da San Francisco. Un'esperienza incredibile.
Sveglia all'alba: alle 6.30 sono già in macchina, una Chevrolet bianca noleggiata la sera prima all'aeroporto di San Francisco.
Imposto l'indirizzo dell'Infineon Raceway sul gps, imbocco un paio di vie e in pochi minuti (la domenica all'alba il traffico, strano a dirsi, non esiste nemmeno nella caotica San Francisco) sono sul Golden Gate Bridge: lo attraverso piano, gustandomelo, mentre il sole spunta dalle colline della Sonoma Valley.
Alle 7 e spicci sono al gate d'ingresso della pista per prendere il biglietto. Più tardi ritiro anche le media credentials, che mi erano state prenotate grazie all'intercessione di Max Papis (nella prima foto, la sua Toyota Camry Geico#13).
Alle otto posteggio la macchina in un kartodromo (!) situato sulla parte alta della vallata, dalla quale si domina tutto lo splendido tracciato di Infineon: una dozzina di curve in contropendenza che salgono e scendono dalle colline della Sonoma Valley.
Mentre mi dirigo ai garage, passo per la zona merchandising, dove si può comprare di tutto (cappelli, magliette, gadget, etc) di ogni pilota.
E finalmente entro nei pits. Quasi non ci credo: abituato al mondo asettico delle gare europee (dove entrare nei paddock della F1, ormai, è praticamente impossibile), rimango colpito da quanto l'ambiente Nascar - che come indotto e popolarità è la Formula Uno d'oltreoceano) - sia a misura d'uomo. Professionale, ma al tempo stesso umano.
I mecccanici lavorano sulle auto, in attesa delle tech inspections. E tu stai lì a guardarli, senza security, a un metro, senza divisori che ti obbligano a stare a venti metri. Puoi sbirciare nell'abitacolo, puoi farti scattare una foto di fianco all'auto del tuo pilota preferito (che probabilmente incontrerai in una delle tante e "obbligatorie" autograph session).
Nulla a che vedere col mondo della Formula Uno, dove quando un pilota ti firma un autogrfo sembra farti un favore, dove se osi avvicinarti a un garage ti tagliano un piede.
Qui è tutto diverso. Con una manciata di dollari (mi pare 80) compri il Pit&Garage Cold Pass, che ti permette di gironzolare tra i box e nella pit lane fino a un'ora prima dall'inizio della gara. Il video che vedete sotto è uno dei tanti che ho fatto nei garage.
Spettacolari anche le tech inspections. I meccanici spingono queste splendide e coloratissime auto lungo un percorso a tappe: in ogni stazione, i commissari controllano misure, pesi, tolleranze e parametri diversi. Dopo aver passato l'ultima stazione (engine check) le macchine vengono spinte fino alla pit lane, schierate in attesa della partenza.
Mi ha colpito molto anche l'aspetto tecnico delle Nascar: sono auto. Vere auto. Tutta meccanica, niente elettronica. Girando per box vedrete una gran quantità di gomme, cassette degli attrezzi e taniche di benzina. Null'altro. Né termocoperte, né computer sui tetti delle auto. Tire warmer e telemetria sono VIETATI.
Per guidare queste macchine servono le palle: sono pesanti e hanno una valanga di cavalli (quasi 900, distribuiti con la coppia mostruosa dei V8) da gestire senza controlli elettronici. Niente traction control, niente assistenza alla frenata. Niente cambio sequenziale: innesti frontali, 4 marce ad H. Una MACCHINA, non laboratorio aeronautico con le ruote come la F1.
Una macchina. Se arrivi mezzo metro lungo non gira più, se sbagli a dosare il gas ti lascia senza gomme in un attimo.
Il pre-gara è un vero spettacolo: i piloti vengono presentati uno ad uno, scendono da una scaletta e salgono su un pickup che li porta a fare il giro del circuito per salutare il pubblico. Il tutto, condito da musica, fuochi d'artificio e i jet dell'esercito americano che sfrecciano nel cielo della California sulle ultime note dell'inno nazionale.
Poi, dagli altoparlanti partono le most famous words in motorsport: GENTLEMEN, START YOUR ENGINES!
E qui la cosa si fa seria. Il ruggito di quaranta V8 squarcia l'aria. Il serpentone di macchine si muove lentamente ed esce dalla pit lane: tre giri di allineamento, e via!
Partenza lanciata, i piloti si lanciano nel primo rampino a duecento all'ora. I primi giri sono uno spasso: così tanti sorpassi non si vedono nemmeno in un'intera stagione di Formula Uno.
La gara è lunghissima (tre ore), viene rallentata da una decina di caution e da una bandiera rossa. Dopo ogni bandiera gialla, il restart è sempre un'emozione. La girandola di pit stop e caution mischia le carte in tavola, al punto che il duello tra Jimmie Johnson e Marcos Ambrose viene deciso a 7 giri dalla fine (la gara ne durava 110). Vince Jimmie, portato in trionfo sul podio, con la macchina, e acclamato come un eroe. Torno in hotel in serata, esausto ma davvero felice.
Dopo cena vado a trovare Max Papis (il primo, e per ora unico, pilota italiano che riesce a correre in Nascar): dopo un'intervista e una lunga chiacchierata, me ne vado da Sonoma ancora più convinto che QUESTE siano le corse vere.
Gli americani si riferiscono alle gare Nascar usando non la parola race, gara, ma event, evento. E ora capisco perché.
Ciao!
A.
Nelle foto, dall'alto:
1 - La Toyota Camry#13 Geico di Max Papis durante la tech inspection
2 - La Chevrolet Impala#24 di Jeff Gordon ai box
3 - Un cockpit Nascar, col tipico volante tondo in pelle e il contagiri centrale
4 - Action: il vincitore, Johnson, precede Ambrose alla curva due
Nel video: la Chevrolet Impala #29 di Kevin Harvick, leader del campionato Nascar, durante il riscaldamento ai box
super cino, lo sapevo, sei riuscito a farmi appassionare alle corse americane... voglio una foto con te alla guida della super macchina che hai affittato!
RispondiEliminafatta fatta...poi la pubblicherò :)
RispondiEliminametti qualche video più lungo...azz...
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