venerdì 9 luglio 2010

THE END. PASSO&CHIUDO


Eccomi all'ultimo atto. Dopo questo post, il blog non verrà più aggiornato. Il motivo per cui l'ho aperto si è esaurito: sono tornato a casa. Viaggio finito, portato a termine senza grossi imprevisti, con un'ottima dose di soddisfazione e un migliaio di foto.
L'orologio segna le 6.25, ma per il mio cervello è mezzanotte e mezza (alla faccia di chi dice che "dal fuso orario ti riprendi in un attimo").
Questo viaggio mi ha lasciato una valanga di ricordi (e un conto corrente decisamente più snello), credo di averlo fatto nel modo e nei tempi a me più congeniali.
Tirando le somme: ventidue giorni in Usa, cinque città (Seattle, San Francisco, Los Angeles, San Diego, New York), otto voli, circa ottocento miglia in macchina.
Ogni città mi ha colpito per qualche caratteristica (fisionomia, clima, atmosfera, gente). In cima metterei forse San Francisco. In coda invece metto New York: sarà stato il caldo devastante, l'albergo non troppo ospitale. Sarà, semplicemente, che son tagliato più per la California, ma - come già scrivevo qualche giorno fa - non mi sono innamorato di New York. Sono contento di averla vista, ma forse non ci tornerei.
A volte notiamo i dettagli. A me, ad esempio, ha colpito lo stile di vita di molti americani: cibi assurdi e niente acqua (solo bibite), shuttle e navette anche per fare 200 metri, aria condizionata ghiacciata in ogni dove. Ora, io non sarò un salutista, ma questo mi pare troppo. Esiste una ragionevole via di mezzo tra l'ammazzarsi di soda alle nove di mattina e correre come un invasato a Central Park all'alba.
L'America è un Paese straordinariamente grande, non posso dire né di averlo visto, né di averlo girato. Ne ho osservato un pezzetto, significativo e rappresentativo. Ci vivrei? Forse no. O forse, solo in alcune zone della California.
Ora è il momento di chiudere. Un saluto, quindi, a chi ho conosciuto in America e a chi, da casa, leggendo questo diario ha condiviso con me qualche istantanea di viaggio.

Passo e chiudo

Olé

Andrea

mercoledì 7 luglio 2010

(QUASI) LAST DAY IN NY

Ed eccomi, praticamente, alla fine. Niente foto, perché la connessione dell'hotel è scaduta (domattina faccio il check out) e scrivo dall'iPhone. Oggi, giornata dedicata a cazzeggio e shopping: passeggiata sulla quinta, Times Square (per la seconda volta), Huston e poi di nuovo sulla quinta, per una puntatina all'Apple Store.
Nonostante il caldo devastante e l'umidità da palude, sto iniziando ad apprezzare New York. Ma non posso dire di essermene innamorato. Sono contento di averla vista, ma non so se ci tornerei: in California, invece, ci tornerei di corsa domattina. Domani lascio l'hotel ma ho l'aereo per Londra alle nove di sera, quindi potrò dedicare ancora qualche ora a NY.

Saluti

A.

martedì 6 luglio 2010

PS1, QUEENS, SOHO&TRIBECA




Credo (o meglio, spero) di essere sulla via della guarigione. Oggi per la prima volta sono uscito da Manhattan, per andare nel Queens, al PS1 Contemporary Art, che fa parte del Moma. Rimango sempre scettico sull'arte contemporanea (probabilmente non fa per me) ma devo ringraziare l'amico Mattia, non tanto per avermi consigliato il PS1, quanto per avermi suggerito di farmi un giro all'esterno del centro sociale del Queens per vedere i graffiti. Un vero spettacolo. Ecco, per me quella è arte contemporanea.
Il resto della giornata l'ho passato invece a cazzeggiare tra Soho e Tribeca, nelle vie dello shopping. Io non sono certo un malato di shopping, ma tra Lafayette, Broadway, Prince e Spring St si può davvero trovare di tutto. A tutti i prezzi.
Stasera sushi e poi al Fatbaby dell'East Village, un club carino, a circa 20 minuti a piedi da Union Square.

Saluti

A.

Nelle foto:

- PS1
- Queens
- graffiti nel Queens

lunedì 5 luglio 2010

3rd DAY in NY - MOMA, TIMES & UN PO' DI SFIGA




Aria condizionata maledetta. In città ci sono 40 gradi e dentro i treni della subway mettono l'aria condizionata a 15 gradi. Risultato: stamattina mi son svegliato con un maldigola devastante e un po' di febbre (credo). Perciò, mattinata a letto, bomba di medicine a mezzogiorno e uscita pomeridiana. Prima tappa: farmacia. Spiegare che avevo bisogno delle pastiglie per il mal di gola non è stato facile, ma alla fine ce l'ho fatta. Mi ha rifilato delle caramelle tipo Benagol, al gusto fragola: sanno di Big Babol scadute. Un vero schifo.
Sono andato poi al Moma: non mi sono piaciuti tutti e sei i piani. Rimango dell'idea (personalissima) che nell'arte contemporanea (primo piano) il confine tra idea geniale e Garpez (una cagata) sia moooolto sottile.
Ho apprezzato particolarmente i piani del design e, ovviamente, molte opere di Warhol. Affascinante anche l'installazione Days di Bruce Neuman: ti siedi al centro di due pannelli dai quali voci diverse ripetono i giorni della settimana in modo sincrono e asincrono.
All'uscita del Moma, mi son spostato sulla ottava per vedere il grattacielo del New York Times: ho chiesto di poter fare un giro all'interno ma è aperto per le visite solo di giovedì.

Nelle foto:
- Moma
- Campbell's soup, Andy Warhol
- New York Times building

domenica 4 luglio 2010

1st&2nd DAY IN NEW YORK





Impatto un po' impegnativo: arrivo al Jfk alle 5.30 di mattina (volo notturno da San Diego), quasi 2 ore per raggiungere l'albergo. Che, per inciso, si salva solo per la posizione (Union Square). Se fosse per il prezzo (alto) rapportato alla qualità, sarebbe assolutamente da bocciare.
Sono partito dalle zone ovviamente più turistiche, che chi non è mai stato a NY (come il sottoscritto) non può saltare. Quindi,Times Square, Empire State Building, Rockfeller Center, Macy, Madison Square Garden, Central Park (parte bassa), Upper East Side, Soho, e Little Italy per il primo giorno, che si è concluso in modo bizzarro: ho conosciuto un tizio e la sua morosa che mi hanno portato, su una macchina assurda (Aucura Tl 4x4 V6 da 300 cv) e con una musica a livelli assurdi, in un club di West Harlem (Morocco), dove prima di entrare ti perquisiscono per assicurarsi che tu non abbia armi (ti ritirano pure le penne).
Stamattina son ripartito dal ponte di Brooklyn, per visitare il Financial District, Wall Street e il New York Stock Exchange. Sono sceso verso Battery Park, per vedere la Statua della Libertà dalla costa, e sono risalito lungo Broadway, fino ai resti delle Twin Towers. La voragine nel World Trade Center è ancora scioccante. Ho chiuso con il museo in memoria delle vittime del 9/11.
Domani proverò a fare un giro nella redazione del New York Times.

Au revoir

A.

Nelle foto:
- Times Square
- grattacieli al tramonto dietro Central Park
- Wall Street
- La voragine al WTC

venerdì 2 luglio 2010

FROM WEST TO EAST





Ho lasciato San Diego. I giorni spesi nella città più meridiaonale della California sono stati davvero piacevoli: l'atmosfera, rilassata e rilassante, il clima mite e temperato, la vita notturna divertente ma non eccessiva, le spiaggie e il sound "messicaneggiante" rendono questa metropoli davvero unica. E, forse, un pochino sottovalutata. A migliorare il mio soggiorno a San Diego ha contribuito senza dubbio la gentilissima Judy, che per quattro giorni mi ha ospitato nella sua splendida villa di La Mesa.
Il secondo giorno ho visitato meglio dowtown, il centro, poi ho passato quasi tutto il pomeriggio più a nord, nel gigantesco parco di Mission Bay. Al ritorno sono passato dalla oldtown. Il giorno successivo l'ho passato in spiaggia: purtroppo la seafog, nebbia marina, non voleva andarsene, quindi il sole era piuttosto pallido e l'acqua dell'oceano troppo ghiacciata per pensare di fare il bagno. Ma l'assenza del sole cocente ha reso più piacevole il pomeriggio passato a giocare a beach volley, sulla spiaggia di South Mission, dove ci saranno - ragionando per difetto - una ventina di campi. Ho conosciuto uno svizzero, un turco e un californiano ed è scattata subito la sfida.
Ah, nota di colore: la sera prima ho incontrato al club una tizia simpatica ma fuori di testa, tale Kelly, "scappata" dal Michigan due mesi fa per vivere in California. Tanto per dire che esistono le zone depresse anche in America, dove ci si deve per forza sposare entro i vent'anni, e dalle quali i giovani scappano pur di avere qualche alternativa.
Mi sono tolto lo sfizio di andare al cinema, Imax experience. Tralasciando il prezzo folle del biglietto (18 dollari), posso dire di aver visto un film su uno schermo grande quanto la facciata di due palazzi. Davvero nulla a che vedere con i più grandi multiplex italiani.
Ora qui è notte. Sono in aereo, tra poco arriverò a New York, dove il fuso orario sarà più vicino all'Italia: adesso a Ny sono le 4.20 (in California è la 1.20), infatti dal finestrino si inizia a vedere l'alba. Provo a fotografarla.

Saluti, ci si sente da New York

A.

Nelle foto:

1 - Mission Bay
2 - la piscina della casa di Judy
3 - il gigantesco cinema
4 - aurora su Ny, dall'aereo

martedì 29 giugno 2010

1st DAY IN SAN DIEGO - LAID BACK





L'atmosfera di San Diego è tranquilla, quieta. Davvero rilassante. La città è parecchio grande (1,4 milioni di abitanti, se non sbaglio) ma non hai mai la sensazione di essere in una metropoli. Nemmeno nella downtown.
Sarà la vicinanza col Messico. Sarà che gli abitanti di S.Diego sanno godersela, sarà che avere 20 gradi di giorno per buona parte dell'anno aiuta a migliorare l'umore. Fatto sta che il clima è davvero piacevole.
Ieri mattina sono partito da Little Italy, carino, che di "Italy" però ormai ha solo i colori e qualche ristorante. Poi ho fatto un salto al gigantesco Balboa Park, all'interno del quale credo ci siano più di 20 musei: ho visto l'Automotive Museum, nulla di eccezionale (a parte la Datsun di Paul Newmann), e la San Diego Hall of Champions. Otto dollari spesi male, a meno che non siate fanatici di football. Però, all'ingresso, c'è la statua di Rocky Balboa che venne usata nel film.
Dal Balboa Park sono quindi andato al waterfront, dov'è ormeggiata una portaerei trasformata in un museo della marina: volevo salirci, ma mancava un'ora alla chiusura e per visitarla ne servivano almeno due. Così ho camminato fino al Seaport Village, un miglio più a sud.

A.

Nelle foto:
1 - Downtown di notte
2 - la statua di Rocky Balboa
3 - la Datsun di Newmann
4 - Seaport Village